Mondazzi - Sulla Ribalta

SULLA RIBALTA E…DIETRO LE QUINTE

FRA FANTASIA, STORIA, REALTA' E POESIA

Niente paura! Non mi cimenterò nella critica teatrale. Più modestamente è la cronaca del convegno ALATEL Seniores. Una manifestazione che il nostro Presidente ha promosso con l’intento di far incontrare, secondo la terminologia alpina, i “veci e i bòcia” della Società Telecomunicazioni della regione lombarda. Quest’anno si è voluto dedicare questo raduno a un grande amico, instancabile realizzatore e collaboratore del Consiglio Regionale: Gianfranco Rossi che da poco ci ha lasciato per “Andare avanti” nell’eternità. Siamo alla terza edizione, dopo quelle memorabili di Pavia e di Riccione, delle quali Gianfranco fu fra i promotori. Questa volta il luogo scelto è San Vincenzo a Riva degli Etruschi, nel cuore della Maremma toscana. Siamo al via. Saliamo a bordo del pullman accolti da Attilio.

Ci siamo appena mossi e già qualcuno avanza i primi lai: <Fa troppo caldo! Non è in funzione l’aria condizionata?> Per contro: <Che freddo! Non si può abbassare l’aria condizionata?>. Come si suole dire: c’è chi la desidera cruda, chi la vuol cotta e qualcuno così, così… A me piace osservare il comportamento delle persone: mi diverte, ma in questo caso penso a quanto lavoro ha comportato arrivare a realizzare questa escursione “socio – ludo – culturale”. Riunioni, sopralluoghi, discussioni interminabili per rispondere alle domande di sempre: dove andare, cosa far vedere, quali gare proporre, come pubblicizzare l’evento; tutto compreso nel costo di partecipazione che tassativamente deve essere contenuto. Un’impresa non facile che ha coinvolto per molto tempo il gruppo di lavoro, costituito per l’occasione, con la collaborazione di fiduciari, consiglieri e amici di buona volontà, per organizzare al meglio l’avvenimento. Dopo i primi approcci, i saluti fra colleghi che si sono ritrovati, le lamentele e i bisbigli; a bordo tutto è silenzioso.

La levataccia induce la maggior parte dei viaggiatori ad appisolarsi e anche i protestatari si sono zittiti. Chi aveva freddo si è avvolto testa e spalle in giubbini e maglioncini; i calorosi si sono tolti lo stesso tipo di indumenti e qualcosa di più. Il tempo ci sta regalando una splendida giornata. La maggior parte dei duecentocinquanta partecipanti, dei quattrocento preventivati, ha preso posto su quattro pullman, gli altri arriveranno a destinazione con mezzi propri. Nel nostro sono riuniti i colleghi e amici di Varese, Monza e Bergamo. L’autobus percorre le strade della Pianura Padana, attraversa paesi, campagne, città. A Fornovo Attilio ci dà la sveglia con voce tonante: <Gente, in piedi: è ora di colazione!>… Rinfrancati, dopo la breve sosta, indispensabile per soddisfare alcune impellenti necessità, si riparte. Ora l’automezzo s’arrampica per le erte dell’Appennino, attraversa valli su arditi viadotti, montagne e rilievi in lunghe e brevi gallerie. In cabina è un fiorire di cicalecci e risate. Sul fondo tiene banco la brigata bergamasca composta da sei baldanzosi o arzilli? giovanotti della terza età; tre signore si adoperano per frenare l’esuberanza dei compagni e un tizio strambo che si ostinandosi a dichiararsi romagnolo DOC guadagnato il nomignolo orobico di “ol Terù de Cesena”. Una congrega che fa per cento tanto è la cagnara che producono. Fortunatamente il traffico è scorrevole e Antonio, il conducente, non è distratto dall’allegro vociare. Davanti e ai lati scorrono le immagini del nostro bellissimo Stivale. Qua e là gruppi di case, fattorie, campi, vigneti, boschi, borghi grandi e piccoli. Ogni tanto in lontananza s’intravedono alcune meraviglie di fama mondiale: la Torre pendente, il Battistero e la Basilica della piazza dei miracoli pisana, le maestose Alpi Apuane che mostrano le ferite nivee delle cave di marmo. Il viaggio prosegue senza intoppi ed eccoci arrivati a destinazione. Quello che ci accoglie è un villaggio turistico. Scendiamo e ci etichettano con un braccialettino di plastica. A tanti la cosa non sembra simpatica, ma ci viene spiegato che quel contrassegno ci sarà utile per usufruire dei servizi, compreso l’accesso ai ristoranti; basta questo per far digerire velocemente le perplessità.

Ci assegnano le camere situate in minuscoli villini immersi nel verde dell’immenso parco di pini, lecci e macchia mediterranea: una odorosa e corroborante oasi maremmana. Subito alcuni si precipitano alla spiaggia per una rinfrescata in mare, stupendo contatto con la natura interrotto, per i fiduciari e consiglieri, da una convocazione: è improrogabile organizzare le gare e le escursioni. Un lavoro non facile. Le discussioni si protraggono per parecchio tempo e per qualcuno il lavoro prosegue mentre la comitiva è riunita per la cena: gli elenchi devono essere esposti prima che gli interessati si disperdano. Nella vasta sala c’è un allegro conversare che piano, piano s’alza di tono fino ad arrivare al frastuono. Poi a mano a mano che vengono servite le portate s’affievolisce fino a sentire solo il pascoliano “rumor di croste”. Alla tavola dei bergamaschi deflagra l’allegria. Ognuno contribuisce con i suoi saperi e possibilità. Lo storico Pino appassionato cultore delle avventure di Bernabò Visconti, secondo lui rapitore di affascinanti dame, si rivela un intenditore del vernacolo trevigliese e sostiene che le fragole in orobico si definiscono magiostre. Mario forte della sua competenza in campo frutticolo lo contesta dichiarando che non è quello il termine esatto ma fregù. Firmo confessa il suo sogno nel cassetto: acquistare, con denari altrui, tutto il villaggio per farne una azienda agricola per la coltivazione di frutti esotici e cengie, senza specificare cosa siano tali misteriosi frutti della terra. Loris, Daniele e Arnaldo frastornati da sì tanta sapienza o insipienza? fissano il vuoto con occhi vacui. Alberto, altrimenti noto come lo “Jeti della Val di Scalve”, a causa della folta capigliatura leonina e barba sale e pepe, alla Marx, nicchia alla spasmodica ricerca di cosa fare di questa sgangherata combriccola. Le signore, rassegnate, lanciano occhiate di commiserazione alle fanciullesche intemperanze di quelli che sostengono essere Seniores. La serata per alcuni si conclude sul lungomare dove alla luce discreta di faretti, nascosti nella macchia, si gode lo spettacolo grandioso del cielo stellato, al sommesso frusciare della risacca che culla il sonno della natura e dei suoi ospiti…

I LUOGHI CARDUCCIANI

La seconda giornata inizia con una robusta colazione. Su tavoli ricoperti da candide tovaglie vi è ogni ben di dio, ma nonostante ciò vi sono i professionisti del malcontento che doverosamente si lamentano perché non c’è questo o quello che nel villaggio, frequentato nel tal posto, era un altro cosa!?!? Sul piazzale sono in attesa i pullman. Il lavoro serale ha dato i suoi frutti. Silvio, Maria Teresa e quelli che sono stati designati capi comitiva sono indaffarati ad instradare i partecipanti agli automezzi diretti ai luoghi carducciani. Dopo i vari controlli, effettuati sul nostro da Pinuccia e Anita, siamo di nuovo in viaggio. In questa escursione saremo guidati da una simpatica bruna con la parlata spiccatamente toscana. Percorriamo un tratto della via “Della Principessa”, voluta da Luisa Bonaparte, Signora di Lucca e Piombino, sorella del grande predatore e nepotista córso. Una galleria di verde che immette sulla antica via romana Aurelia. Ed ecco il primo incontro con la poesia del vate toscano. Siamo al tempietto fatto erigere nel 1700 dai Della Gherardesca, signori del luogo, per ricordare l’antenato eremita Guido.

Alla mente s’affollano ricordi scolastici della fanciullezza:

I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardar…

E li ammiriamo anche noi indaffarati con fotocamere e cineprese, obbligando gli automezzi in transito a pericolose gincane, per eternare lo spettacolo suggestivo dei duemila quattrocento cipressi che fiancheggiando il nastro stradale puntano dritto allo storico borgo dalla toponomastica curiosa: Alberto, Bionda Maria, Teresa, Ugo, Giulia, Lauretta, senza specificare il ruolo dei personaggi eternati. Fra questi ecco Nonna Lucia!

…O nonna, o nonna! deh com’era bella
Quand’ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest’uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!

Veniamo guidati nel minuscolo borgo formato da due vie disposte a “U” con piazzette, chiese, negozietti aperti ai molti visitatori e distaccato un gruppetto di case. Tutto all’ombra dell’imponente castello dei Della Gherardesca. Non c’è tempo per visitare il piccolo cimitero, ma in questo gruppo di piccole costruzioni risuonano i versi conclusivi del “Pianto antico”:

…Sei ne la terra fredda,
Sei ne la terra negra;
Né il sol più ti rallegra
Né ti risveglia amor.

Riprendiamo il viaggio. Ci aspetta ancora una visita in questo pellegrinaggio nella poesia, anzi due. Siamo a Castagneto Carducci, città natale del Poeta. Il piccolo comune è un saliscendi di strade e viuzze con angoli fioriti, ma manca del fascino che abbiamo incontrato nella piccola frazione. Saliamo al belvedere. Una balconata protesa sul panorama maremmano. Lontano, in vetta ad una collina, s’erge una torre: è quella dei Gualandi, altrimenti nota come la “Torre della fame” dove fu murato vivo il Conte Ugolino Della Gherardesca, condannato a morir di fame, per alto tradimento, con i suoi figli e nipoti maschi. Un altro incontro con celebri versi: fu Dante, il Guelfo, che eternò nella sua “Commedia”, il Ghibellino Ugo, secondo la leggenda anche cannibale, nel girone dei traditori:

…La bocca sollevò dal fiero pasto
quel peccato, forbendola a' capelli
del capo ch'elli avea di retro guasto.

Siamo all’ultima tappa: un’azienda vinicola. Per arrivarci percorriamo una carrareccia in terra battuta, tortuosa e dalla sede ridotta, che si snoda attraverso vigneti sterminati. Antonio dà prova della sua maestria di conducente di prima categoria. Veniamo accolti da due giovani signore: Gabriella e Annalisa che c’introducono in un atrio in fondo al quale vi è un piccolo colonnato disposto ad arco, poi attraverso un corridoio fiancheggiato da vetrine dove è esposto un campionario di arnesi agricoli e antichi testi (un piccolo interessante museo sulla vinificazione), arriviamo ad un’ampia sala luminosa arredata con tavole e sedie. La signora Gabriella presenta l’azienda e i suoi prodotti e ci invita ad un assaggio di tre vini: lo Airone, lo Antillo e il Rute. Mi rammarico di non essere in grado di apprezzare il piacere di un sorso di quel nettare: sono astemio, ma trovo molto interessante l’esposizione e osservo i miei compagni d’avventura. Ci sono gli intenditori che prima annusano il contenuto del bicchiere e l’osservano esponendolo alla luce, poi preso un sorso, lo rigirano passandolo di qua e di là nel palato per estrarne tutti i sapori e gli aromi; quelli che, invece, tracannano come fosse acqua chiedendo il bis; altri che sollevano il mento al soffitto con la bocca a poppante e occhi estasiati. Finita la degustazione ci spostiamo nel reparto attrezzato con grandi contenitori di acciaio inossidabile e qui la nostra guida prosegue illustrando le tecniche moderne di vinificazione. Vi sono alcuni interventi di esperti, ma io sono perso in ricordi d’infanzia, quando ero coinvolto e assistevo al rito paganeggiante della vendemmia e pigiatura sull’aia, al ritmo delle canzoni campagnole, mentre i graspi che s’infilavano fra le dita dei pigiatori suscitavano smorfie e risate. Non trovo quella atmosfera romantica in questa sala asettica. Non si sente quello che il poeta espresse in San Martino:

…ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.

Qualcosa ritrovo di quell’atmosfera nella sala, tenuta in penombra, delle barriques: le piccole botti dove il vino è messo ad invecchiare ed affinare con alcuni travasi. Lasciamo la cantina. E’ ora di prendere la via del ritorno, ma un ultimo scampolo di poesia è doveroso, e allora ecco come il Poeta descrisse la sua Maremma:

…E sempre corsi, e mai non giunsi il fine;
E dimani cadrò. Ma di lontano
Pace dicono al cuor le tue colline
Con le nebbie sfumanti e il verde piano
Ridente ne le pioggie mattutine.

Il pomeriggio trascorre quietamente nell’ambito del villaggio fra passeggiate, bagni di mare e gare di burraco, scala quaranta e bocce. Io mi dedico alle note di quello che ho ammirato durante la mattinata, ancora sotto l’effetto delle emozioni. Poi una pausa sotto l’ombrellone con negli occhi l’incomparabile panorama offerto dal mare e dal sole.

GLI ETRUSCHI E LE GARE

Ed eccoci al parco archeologico etrusco di Populonia. Purtroppo la giornata è iniziata con quello che ogni organizzatore si augura di non sperimentare. I pullman erano in fase di partenza, ma ecco l’imprevisto. Una collega di Brescia è caduta. Silvio e Maria Teresa coadiuvati da altri volenterosi sono impegnati nel soccorrere l’infortunata che dolorante si preme una borsa di ghiaccio sul ginocchio. Tutti facevamo voti che fosse cosa di poco conto, purtroppo si è appurato che l’infortunio è molto serio e richiederà per la sfortunata collega il rientro a casa in autolettiga. E’ un pensiero che ci ha accompagna per tutta la gita, ma lo spettacolo non conosce soste, quindi siamo nella vasta spianata della necropoli etrusca che s’affaccia nello spettacolare golfo di Baratti. Un tappeto luccicante dove sono disseminati sepolture a cumulo, a edicola, sarcofaghi, caratterizzati da nomi dovuti a quanto in esse ritrovato: dei carri, dei letti, delle colonne, dei colatoi e così via; per parecchi secoli celate all’occhio del mondo, dalle scorie dei minerali di ferro estratti dalle miniere della zona. Con la guida del sito facciamo un tuffo nell’epoca remota attraverso le testimonianze dei reperti del culto dei defunti di questo popolo dalle origini misteriose che ha colonizzato da nord a sud tutto il territorio della Penisola. Popolo detto barbaro, ma con costumi raffinati e con abilissimi artefici di gioielli e manufatti. Suggeriti dalle parole si presentano alla mente quanto visto nelle mostre e nei musei ed i ricordi scolastici: la celeberrima Ombra della sera, l’urna degli sposi, i Carri, la leggenda del bieco Lucumone etrusco Porsenna e l’eroe romano Muzio Cordo Scevola… Il tempo vola ed è già il momento di rientrare. Nel pomeriggio ci aspetta la riunione collegiale e la cerimonia delle premiazioni delle gare. Siamo alla sosta pranzo al “self service”. Altro agone, degno di una rievocazione in stile moderno della guerra di Troia, per accaparrarsi quanto più si può, per alcuni è un punto d’onore arrivare prima degli altri. Osservando c’è da divertirsi. Vi sono quelli che in fila aspettano il proprio turno; vi sono altri che s’infilano fra uno e l’altro che distrattamente si è attardato d’un attimo; altri che vedono l’insinuarsi di mani e braccia, estranee, alla caccia di un bocconcino ritenuto prelibato. La tragedia del fritto misto di pesce! Ahi, ahi! Quanto è grama la vita senza il fritto… e allora alé all’arrembaggio per impadronirsi dell’ultima porzione. Vane sono le assicurazioni del personale di servizio: “Calma Signori ce né per tutti!” Stremati da sì tanta tenzone si trascorre il dopo pranzo stravaccati sulle sdraio della spiaggia.

ALATEL VISTA DAI SOCI: IN CAMMINO VERSO IL FUTURO: ESPERIENZE A CONFRONTO

Alle 5 della tarde… eccoci riuniti nella sala dei congressi. S’apre la parte conclusiva di questa interessante tre giorni dell’ALATEL Seniores Telecom. Sembriamo in pochi in questa vasta sala, ma tant’è, purtroppo tanti hanno disertato questo affascinante appuntamento. L’atmosfera viene caratterizzata e dominata da una bella immagine di GIANFRANCO ritratto al microfono. Chi lo ha conosciuto viene preso dall’emozione. Sul palco con il nostro Presidente, Fiorenzo Benzoni, il Vicepresidente Silvio Marrese il Segretario regionale Alatel Lombardia Marcello Fontana; gli ospiti d’onore: il Presidente regionale ANLA Lombardia Emanuele Fiumanò, il Presidente Alatel Toscana Stefano Di Ruggiero e il Dott. Vincenzo Armaroli, titolare della società che ha eseguito il sondaggio, argomento principale di questa riunione. In platea, con i colleghi e colleghe del sodalizio, il vicepresidente Vincenzo Fiorani, la vicesegretaria regionale Maria Teresa Rovesta e i consiglieri e fiduciari lombardi. Ed eccoci al dunque: Benzoni visibilmente commosso ricorda la figura dell’amico Gianfranco e invita i presenti ad un minuto di raccoglimento a suo onore e memoria. Maria Teresa legge con voce commossa la lettera che la moglie ed il figlio hanno indirizzato al consesso in cui chiedono di non dimenticare il loro caro congiunto. Richiesta che in cuor nostro accogliamo con tanto affetto e solidarietà, infatti, l’amico Gianfranco sarà sempre con noi. Dopo questa parentesi di commozione profonda è un poco difficile proseguire, ma così fatalmente è la vita: nonostante tutto occorre andare avanti. Seguono il saluto del Dott. Fiumanò e del Dott. Di Ruggiero. Quindi si entra nel vivo con l’esposizione dell’Ing. Marrese e del Dott. Armaroli che illustrano, con grafici e diapositive elettroniche, i dati emersi dal sondaggio, che danno una situazione in ripresa e un vasto bacino di potenziali soci in cui operare per il recupero dei consensi: tutto un futuro di lavoro in cui saranno impegnati da subito i responsabili, ad ogni livello, del sodalizio Alatel. Seguono alcuni interventi nei quali si ribadisce che non solo i responsabili sono impegnati in questa azione, ma ognuno dei soci deve assumersi l’impegno di divulgare i valori di solidarietà del sodalizio.

D’altro canto si sottolinea che, purtroppo, a noi mancano luoghi dove fare opera di aggregazione, ciò condiziona fortemente l’azione di proselitismo. Alla conclusione si premiano i vincitori delle gare: risultano premiati con una pergamena accompagnata da buon vino toscano: Bocce: Stefano Bernuzzi, Massimo Grioni, Arnaldo Manenti, Liliana Fantoni Burraco: Enrico Mariani, Maria Carla Riccò, Luigi Riposi, Maria Carla Mantega, Adriana Ilari, Clotilde Flauto, Ivonne Bennati, Severino Levati. Scala 40: Giovanni Peli, Giuliana Citella, Antonia Scriperri, Bruno Jukich. Una sorpresa aspetta l’amico Meroni. Oggi è il suo compleanno! L’annunciatrice, Maria Teresa Rovesta, con voce chiara e forte lo chiama alla ribalta e consegnandogli la pergamena presenta gli auguri di tutti i sodali per i suoi…anni! (son tanti, ma sulle sue spalle e soprattutto sulle gambe non si notano, è appena reduce da un giro in biciletta in Sardegna). Seguono le foto di rito. E qui l’altro avvenimento indesiderato. Ad un tratto Maria Teresa scompare dalla scena: nell’arretrare è caduta all’indietro. Si tenta di minimizzare l’avvenimento dopo esserci accertati della gravità dell’infortunio, apparentemente senza visibili conseguenze, si appurerà in seguito che proprio non era cosa da nulla. Un avvenimento che ha guastato la festa di questi bellissimi tre giorni colmi delle bellezze del nostro meraviglioso Paese. Per questo ringrazio di cuore chi si è impegnato nella realizzazione del convegno, quelli che rimangono celati nelle quinte, che si prendono le critiche e mai i ringraziamenti che dovrebbero essere doverosi. A loro e a Gianfranco che ha fatto parte in numerosi avvenimenti del gruppo di lavoro: Grazie, grazie di cuore per il vostro disconosciuto lavoro.

Ol Terù de Cesena Loris Mondazzi

Pubblicato nel settembre 2015 su “Ritrovarsi”

A.N.L.A. Bergamo